Se i populisti non fanno più paura, tutto è perfetto

In Francia, Marine Le Pen è stata arginata alle presidenziali e il suo Front National è naufragato nelle legislative. In Gran Bretagna, nessuno ha più avuto notizie dell’Ukip di Nigel Farage. In Italia, il giorno dopo le amministrative, tutti i giornali e i notiziari più importanti aprivano commentando il flop del M5S. Con le parole del Quo vadis? di Sienkiewicz, «nulla io vedo che non sia perfetto», dunque.

Ora, se i populisti non fanno più paura, perché si infrangono sugli scogli delle loro inconcludenze, nemmeno la chiamata all’union sacrée ha ancora molto senso. Contro chi dovremmo attrezzarci se in campo rimangono solo le forze responsabili, argini delle derive demagogiche? Detta altrimenti e nella nostra ridotta, se Pd e Forza Italia erano buone insieme a scongiurare il pericolo grillino, unico vero timore delle classi dirigenti italiche, che sia l’una o l’altra a prevalere, sostanzialmente dovremmo poter star tranquilli, no? Su cosa e perché dovremmo muoverci adesso a sostenere l’alternativa fra le due se fino a ieri, e in parte oggi, quello e questa sono stati alleati sulle questioni di fondo come in quelle di contorno?

Chiunque fra le due forze politiche si candidi a dirsi differente dall’altra, nella storia recente potrebbe essere tradito da un’uguaglianza di scelte e posizioni sostenute. Per questo, dinnanzi a tale e importante offerta di politici e candidati di due partiti che, insieme, hanno votato molte delle cose che ho contrastato, potrei sentire la difficoltà della scelta, e lasciare, in quella perfezione di cui si diceva, che il mio tempo si rivolga ad altre occupazioni che non siano quelle dovute all’esercizio pratico della democrazia formale.

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