Un’Unione di convenienza

«Più dei tre quarti (76%) degli intervistati considerano l’Unione europea un’alleanza economica e solo il 30% la considera un sodalizio di paesi con valori culturali comuni. Solamente il 18% dei giovani europei attribuisce una base culturale comune all’UE, mentre appena il 7% menziona il valore “religione e cultura cristiana”». Questa la sintesi dello studio della Fondazione TUI e del sondaggio commissionato dalla stessa a YouGov sui giovani e l’Europa nel 2017, presentato qualche giorno fa in Germania.

Dai dati resi noti dall’istituto tedesco, i ragazzi fra i 16 e i 26 anni di sette diversi Stati europei – Francia, Germania, Grecia, Italia, Polonia, Regno Unito e Spagna – vedono nell’Unione continentale tutt’al più un buon accordo commerciale, un patto economico, magari conveniente, fra nazioni che non necessariamente condividono gli stessi valori. Una visione “economicocentrica” che, a mio avviso, spiega pure l’altro dato emerso nelle rivelazioni, e dall’impatto sinceramente più impressionante. Circa la metà, poco più o poco meno a seconda delle nazioni, dei giovani europei non crede che la democrazia, particolarmente quella rappresentativa, sia la migliore forma di governo. Con le significative eccezioni di Germania e Grecia, dove i favorevoli ai meccanismi democratici sono, rispettivamente, il 62 e il 66 per cento, ragazzi e ragazze dell’Europa pensano che le pastoie e le fatiche della rappresentanza e del dialogo democratico siano un freno all’efficienza (e per una piccola parte, meno di un quinto, alla partecipazione effettiva dei cittadini, che sarebbe meglio garantita con meccanismi di democrazia diretta). Così, magari, si preferirebbero dei tecnici non eletti,  addirittura un monarca o il governo di un solo uomo e di un unico partito liberi da condizionamenti parlamentari, in modo da tutelare l’efficacia e, va da sé, l’economicità dei processi decisionali.

«Un’Europa il cui valore è visto innanzitutto nei vantaggi del mercato comune», dice a commento dei dati Thomas Ellerbeck, presidente della Fondazione TUI, «rischia di diventare intercambiabile e arbitraria. È quindi importante discutere sui valori condivisi dell’Europa. Qui sono richiesti tutti gli attori sociali, non solo politici». E ha ragione.

Lasciando la discussione gravitare solamente intorno alla convenienza o meno dello stare insieme sotto l’esclusivo punto di vista economico e dei saldi di bilancio fra import ed export, si rischia di relativizzare il concetto di Unione. Questa, allora, come dice Ellerbeck, diventa arbitraria e intercambiabile, perché se è solo sulla convenienza che stiamo insieme, allora tanto vale cercarci il partner migliore.

E si relativizza pure la democrazia, che infatti diventa un’idea come un’altra.

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