E noi in quale serie saremmo?

Con la solita pragmatica consapevolezza della Schwäbische Hausfrau, la casalinga sveva (che l’intera Svevia, quasi tutta oggi nel Baden-Württemberg, dev’essere una piccola Voghera), a cui spesso lei stessa dice di far riferimento nei suoi pensieri politici applicati al reale, Angela Merkel ha proposto di inserire all’interno dei trattati europei la previsione della possibilità di un’Europa, o meglio, di un’Unione europea a più velocità d’integrazione. «Bene, brava», si sono spericolatamente precipitati a dire in tanti, compreso il presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni, «è una necessaria e opportuna presa d’atto; così, chi vorrà, potrà procedere meglio sulla via dell’unitarietà». Già, forse. A me, però, una domanda rimane: noi, l’Italia dico, in quale serie saremmo?

Perché io, la logica di Frau Kanzlerin, la capisco: in tutti i casi, sarebbe Berlino a dettare le regole. Disegnando una più piccola Unione, fatta di stati a immagine e somiglianza della Germania, o ridisegnandone una mediamente grande, con il girone dei promossi, quelli di prima, e quello dei bocciati o ripetenti, nel quale, non è da escludere, potremmo esserci noi. Il resto, a partire dalla Grecia su cui non casualmente Schäuble a ripreso a puntare il suo obice bismarckiano, potrà accomodarsi fuori dalla porta, ad attendere che da Bruxelles si trovi il modo di far loro comprare ancora le auto tedesche quasi fosse una gentile concessione. Ecco, a me, un’Europa, o meglio, si diceva, un’Unione europea così non è che interessi molto.

Non faccio parte della ricca e crescente schiera di quelli che vorrebbero fuggire dall’euro prima che il sole tramonti sulle speranze politiche che lo resero possibile (soprattutto, lo dico senza infingimenti, perché mi spaventa l’idea di dover pagare con una lira svalutata un debito pubblico che minaccia di crescere più di quanto non abbia fatto in questi anni), ma se quello che si ha in mente è un meccanismo à la carte in cui tutto può essere discusso a secondo delle convenienze di qualcuno, di certo non proverò per esso sentimenti o emozioni.

E senza quelli, una Patria non è tale e difficilmente può essere difesa da chi ne auspica la rovina.

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