E allora, non ridete dileggiando gli altri

Devo ammettere che m’è dispiaciuta la visione del filmato in cui la presidente della Regione Friuli Venezia Giulia non è riuscita a trattenere l’emozione e le lacrime mentre rivendicava il lavoro fatto e respingeva gli attacchi continuamente rivoltigli dalle opposizioni. Lo dico senza remora alcuna, ma siccome credo nei precetti che mi hanno formato, una persona che piange mi commuove, se donna, di più. Datemi del sessista, ma se a prorompere in lacrime fosse stato Toti o Emiliano, per rimanere su cariche equipollenti, non mi avrebbe coinvolto nella medesima maniera.

Detto questo, però, dopo quel pianto mi ha fatto ancora più male vedere la Serracchiani scoppiare a ridere sull’attacco gratuito e inutile di Giachetti a Speranza. Perché se è vero il moto di empatia che ho provato per la sua amarezza nel consiglio della Regione che guida, è altrettanto reale il senso di disagio, per non dire la sensazione urticante, volendo usare le parole di un altro seduto a quel tavolo pronunciate in una diversa occasione, che ho avvertito per quell’ilarità totalmente fuori luogo. Eppure, il dibattito politico a questo è stata ridotto: un susseguirsi continuo di battute e insulti, che mirano a ferire chi li riceve e a provocare il riso nei compagni di chi li lancia.

Nei giorni scorsi, m’è capitato di incrociare sui social diversi commenti sentitamente contriti per l’accaduto di cui è stata protagonista la vice segretaria del Pd. Uno, in particolare, m’ha colpito, perché nell’esprimere solidarietà, ricordava come a quelli della minoranza di cui l’autore faceva parte, il leader del partito non ha mai risparmiato fendenti, senza che dal suo ruolo lei sentisse il dovere di intervenire per fermarli. E, scriveva lui, pure a noi han fatto male, anche se i giornali non se ne sono accorti, tantomeno hanno dedicato pagine e foto al nostro malessere.

Solo che ci son stati, e scordarli non sarà così facile.

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