Il baluardo proporzionale

Domenica è stata una giornata importante per l’Europa: le primarie della destra in Francia, che hanno visto la sconfitta senza appello di Sarkozy, e la decisione di Angela Merkel di ricandidarsi per un quarto mandato alle elezioni del 2017. In tutti e due i casi, il convitato di pietra è stato il populismo e la sua pericolosa e minacciata crescita. Dico subito due cose: il fatto che Sarkozy si ritiri a vita privata è una notizia buona, quello per cui la Merkel potrebbe guidare ancora la Cancelleria fino al 2021, ottima.

Lo so, lo so, vi starete chiedendo come possa, per me che mi dico di sinistra, essere un’ottima notizia la prospettiva di una Germania a guida Merkel per ancora altri quattro anni dopo i dodici che saranno trascorsi alla fine di questo suo terzo mandato. Un attimo di pazienza, ci arrivo. Torniamo in Francia. Ho letto da qualche parte che molti elettori socialisti si sarebbero mobilitati per sostenere Juppé e scongiurare un possibile ballottaggio alle presidenziali fra Sarkozy e Le Pen, che avrebbe potuto disimpegnare l’elettorato progressista consegnando il Paese al Fn. Può essere, e avrebbe senso; in quel sistema, ovviamente. Dall’altra parte del Reno (sì, sì, fino alla Renania-Palatinato, che se no dicono che cambio la geografia, ma insomma, ci siamo capiti), invece, le cose sono più ordinate, come sempre. Lungi da inutili intromissioni in casa d’altri, se fossi tedesco, potrei tranquillamente esprimere un voto di rappresentanza per Die Linke senza dover per forza subire un ricatto in forma di “voto utile” a fermare Frauke Petry e l’avanzata di Alternative für Deutschland. Sapete quella cosa che chiamano “proporzionale”? Ecco, pare serva proprio a evitare pericoli come quello che tutti i giorni evocano i sostenitori del maggioritario forzato, e forzoso, gli stessi che vorrebbero strumenti istituzionali e costituzionali pensati per garantire un governo efficiente senza il freno delle minoranze e la possibilità di «sapere chi ha vinto la sera stessa delle elezioni».

Certo, mi si potrebbe obiettare che non si possono forgiare i meccanismi parlamentari e i sistemi elettorali in ragione del pericolo che vinca quello sbagliato. Ma vi potrei rispondere con un’altra domanda: e chi l’ha detto? Più volte ho citato Elster e la sua opinione secondo cui le costituzioni sarebbero quelle norme che i popoli si danno da sobri per servirsene nelle ubriacature, un po’ come il buon Ulisse, forse anche in questo padre dello spirito dell’uomo occidentale, che detta la rotta ai suoi marinai, si fa legare all’albero della nave e fa tappare loro le orecchie con la cera prima di avvicinarsi a rischiar l’ebbrezza del canto delle sirene.

Fra la celia e la ponderatezza, m’è già capitato di dire e di scrivere che con un sistema diverso avremmo Hillary Clinton e non Donald Trump quale prossima guida degli Usa e che, se qualcuno agli inizi degli anni Novanta non avesse pensato di rispondere con l’ingegneria istituzionale alle domande della politica, difficilmente, col 30/35% preso dal loro partito al primo turno e l’indisponibilità preconcetta alle alleanze, difficilmente Virginia Raggi e Chiara Appendino sarebbero assurte alla guida di Roma e Tornino.

E, ripeto, non sarebbe un forzare la mano ai risultati con le regole, anzi: questo, al contrario, avviene con i meccanismi maggioritari e i premi in seggi a chi arriva primo pur non essendo maggioranza. Le nostre democrazie sono rappresentative, non “governative”. Non servono a investire del comando qualcuno, ma a scegliere, eleggere, i rappresentanti che dovranno accordarsi, mediando e confrontandosi nei parlamenti fattisi lettura della società, per stabilire linee e azioni di governo attraverso le facoltà legislative e di indirizzo e controllo. Il resto, è una semplificazione che la politica arresasi alla logica aziendale del Cda ha inteso adottare a suo unico e totalizzante modello.

Poi, fate come volete: però non dite che non ci siano alternative. Né che nessuno l’aveva detto.

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