Tranquilli, non avranno l’eleganza d’indicarvi la porta

Come spesso accade, il sintetico tratto di un artista coglie bene lo stato dei fatti. Sul Corriere della Sera di ieri, Giannelli disegnava un Bersani fra le mani di Renzi intento a ribadire il suo «non mi lascerò mettere alla porta», mentre il segretario del Pd energicamente lo “accompagnava” all’esterno passando fra le imposte di una finestra. Perché più o meno questo è quello che è successo alla Leopolda.

Mentre, infatti, timidamente il giorno prima Maria Elena Boschi aveva tentato di frenare il sibilo crescente della platea nei confronti di D’Alema, Renzi, nel suo intervento di chiusura, s’è goduto tutto il crescendo («da operetta», l’ha definito poi Bersani) del boato della sua folla. Quel “fuori! fuori!” ritmato come da stadio a cui lui non s’è unito (sì, sto pensando a Craxi nel congresso di Verona, con l’attenuante che questi non aveva il “dovere da ruolo” di difendere Berlinguer, dirigente di un altro partito) solo perché, forse, avrebbe avuto difficoltà a battere il tempo sul leggio. Alla minoranza interna, i leopoldini hanno mandato un messaggio chiaro: non li metteranno alla porta, è più facile che li fiondino per le finestre, come ironizza Giannelli.

Però, è il caso di dirlo, de gustidubus et coloribus non disputandum est; c’è a chi piace il giallo, chi apprezza gli asparagi al burro e chi ama esser preso pallonate sulle gengive. Quasi tutti i retroscena della stampa, governativa o meno, descrivono un presidente del Consiglio sul piede di guerra, pronto a non portare rancore, come i democristiani d’antan, se dovesse vincere al referndum, ma rapido a cercare le urne in caso contrario, rimanendo capo del partito ed escludendo, da lì, tutti quelli che non l’hanno sostenuto e non hanno contribuito (con benemerenza, aggiungo) a fermare le sue riforme.

Certo, la minoranza interna può sempre scegliere. Può tentare di riprendersi “la ditta”, cosa che francamente vedo difficile. Può acconciarsi a ritornare dai propositi bellicosi più volte espressi, confidando, serenamente, nella magnanimità del leader. O può dar corso alle sue parole, e per una volta, fosse pure l’ultima, magari anche correndo il rischio di perdere quello che solo loro credono ancora d’avere, fare ciò che dice di voler fare, senza contorcimenti o mediazioni infinite.

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