Non capisco l’America (purtroppo o per fortuna)

Non mi occupo di “americanate”. Non certo per un sentimento di superiorità, intendiamoci; è proprio che non riesco a seguirle, a star loro dietro. Insomma, una settimana fa, i sondaggi davano Trump spacciato e la Clinton praticamente già sulla sedia principale dello studio ovale. L’altro ieri, al contrario, il miliardario dai capelli improbabili risaliva e la segretaria di Stato uscente discendeva.

Mi auguro che Trump perda, ovviamente: solo il peggior nemico della democrazia poteva immaginare per la più potente espressione di questo regime una deriva in cui uno come lui rischiasse di diventarne presidente. Eppure, quel detrattore ipotetico ha già avuto la sua ragione, se la Clinton non è sicura di vincere contro un tizio che nemmeno dovrebbe concorrere, se la Le Pen mette alle corde la Francia, se in Italia si teme un comico che fa tristemente politica e un triste personaggio che fa ridere fin dalle magliette. È la democrazia bellezza! E forse è proprio e solo questa roba qua.

L’idea che si possa riuscire a far altro è morta con il seppellimento delle ideologie della differenza sotto i colpi di badile dati da quella dell’omologazione, nella rinuncia alla funzione pedagogica della politica e dei partiti, sacrificata sull’altare di quel voto in più degli altri, ché il fine è governare, non rappresentare, per la resa all’affermazione dei “migliori”, invocando il merito per rassicurare le coscienze, perpetuando le diseguaglianze per osannare gli stomaci e le pance.

Ora, eccoci qui: fra i timori per la democrazia e il paura della democrazia.

Questa voce è stata pubblicata in libertà di espressione, politica e contrassegnata con , , , , , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento