Ma sì, rilanciamo

«A loro interessava venire in Aula per dire che un parlamentare debba prendere la metà di quanto prendeva di consulenza la Muraro; questo era il metro di misura: la metà della Muraro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questo deve prendere un parlamentare, è il loro metro di misura, non interessava il resto». Oppure: «proponiamo di calcolare l’indennità da corrispondere ai deputati e ai senatori sulla base del reddito percepito prima dell’elezione o, meglio, di cancellare l’indennità come attualmente considerata o come considerata dal dopoguerra ad oggi, come un dato indicativo parametrico, e far sì che l’indennità parlamentare non sia altro che, esattamente, il reddito o il salario percepito dal singolo parlamentare prima di essere eletto. In questa maniera l’opinione pubblica si renderà conto che l’elezione non serve a diventare più ricchi, ma, anche, che non porta a diventare più poveri, con gli effetti di selezione al contrario che questo comporterebbe».

A leggere i resoconti stenografici della Camera dei Deputati per le sedute del 24 e del 25 ottobre scorsi c’è da rimaner basiti. Il capogruppo del Pd, Ettore Rosato, accusa il M5S di voler portare le indennità del parlamentari alla «metà della Muraro», riscuotendo «applausi», così è scritto nel verbale, dal suo gruppo. Quello di Forza Italia, Renato Brunetta, propone di calcolare quell’emolumento in modo differenziato a seconda del reddito percepito prima dell’elezione. I rappresentanti dei partiti e degli schieramenti simbolo della Seconda Repubblica si arrendono all’egemonia grillina di questa Terza che sta nascendo, con l’identico rancore sterile su cui, in una pioggia di monetine sul portone d’un hotel romano, finì la Prima, fra la bagarre in Parlamento e i manifesti per il Paese, in cui il partito che ne ha di più invita i cittadini a ridurre «il numero dei politici», rinunciando a ogni discorso d’alternativa o diversità, ma lanciandosi all’inseguimento, in discesa, dei loro avversari con toni demagogici e temi populisti.

L’ho detto altre volte e lo ripeto ora: sono per riconoscere il giusto emolumento a chi rappresenta la nazione come a chi governa le sue amministrazioni, e sono a favore del finanziamento pubblico ai partiti. Perché, altrimenti, la politica rimane affare da ricchi. Quanto dato oggi ai parlamentari è giudicato troppo alto? Non lo so, e non lo credo. Se il punto è retribuire un incarico, non lo è; se invece l’argomento è che sia tanto in relazione alle qualità e alle competenze degli incaricati, allora il problema è nella scelta, non nella retribuzione dei selezionati. In ogni caso, se ne può discutere, a patto che il dibattito sia serio, articolato e preciso: tutto ciò che oggi non è.

E allora, divertitevi a perder tempo urlando cose senza senso nei luoghi in cui dovreste svolgere compiti molto più importanti, e dando in tal modo ragione a quanti ritengono immeritato il vostro “stipendio” (che non lo sarebbe, ma così voi stessi lo chiamate e lo intendete, visto che vorreste legarlo alle presenze, agli altri redditi, ai risultati ottenuti in termini di punti di Pil o indici occupazionali); ci sarà sempre qualcuno che potrà rilanciare a ogni proposta, in un turbinio folle e senza fine.

Ma sì, tagliamo, dimezziamo, riduciamo. Anzi, facciamolo retroattivamente. Chi chiede di più?

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