Il disagio e la disaffezione

In un’intervista a la Repubblica del 15 giugno scorso, Marc Lazar, a proposito degli scontri che si stanno avendo in Francia in seguito alla riforma del mercato del lavoro voluta dal governo del socialista Valls, dice: «C’è un processo di radicalizzazione di alcuni gruppi di giovani, spesso di buona famiglia, da almeno tre anni. Mi fa pensare alle estremizzazioni del 1977 in Italia. Oggi i manifestanti radicali sono contro l’austerità, la mancanza di futuro, la politica tradizionale, odiano la sinistra più della destra in quanto “traditrice”. Vogliono distruggere il capitalismo, sono per una rivoluzione utopica ma inconsistente. È una radicalizzazione che ci può portare a tempi molto duri, come negli anni ’70. Il prossimo passo è l’utilizzo di armi, a cui possono ricorrere queste frange più estreme ma molto organizzate. E farci sprofondare nella violenza».

Lazar gufo allarmista? Se vi consola e vi aiuta a prender sonno la notte, archiviate pure così la sua analisi e non ci pensare più. Se invece v’interessa provare a vedere quanto sta succedendo sotto una luce capace di chiarire anche gli aspetti ora invisibili ma che in altri periodi della storia sono stati chiari e non strutturalmente dissimili, allora vi consiglio di fermarvi un attimo prima di  pensare che tutto si sistemerà da solo, di dirvi che «non sta succedendo niente, le fabbriche riapriranno, arresteranno qualche studente».

I movimenti che s’innervano nel tessuto sociale europeo sono di natura diversa. Ci sono le eruzioni del disagio vero, quello delle periferie, e la Francia in questo ha molto da raccontare. Ci sono le chiusure reazionarie dei populismi di destra, capaci di innestarsi nei processi democratici e sortire effetti preoccupanti alle elezioni. E ci sono, allo stesso tempo, fenomeni di disaffezione che colpiscono frange e fette di società impoverita e proletarizzata, soprattutto nelle nuove generazioni, in quei giovani che potrebbero essere definiti “ceto medio riflessivo” da una sociologia grossolana, me che faticano a trovare un posto nella loro vita, e che spesso non sanno letteralmente come condurla avanti, fra contratti inesistenti per lavori totalmente alienanti e salari da fame o poco più.

Il politologo francese fa un parallelismo con il ’77 italiano, e devo dire che la suggestione è convincente. Penso a Prima linea. «Ha un inizio spontaneista, sostenuto da un culto esasperato e nichilista dell’azione, senza un progetto politico che non sia, intanto, l’attacco allo Stato»; così descrive quella formazione terroristica, che proprio tra la fine del ’76 e l’80 svolse la sua parabola, Sergio Zavoli ne La notte della Repubblica. Possono nascere ancora quei sentimenti? Credo di sì, temo di sì.

L’edificio sociale che le democrazie europee avevano costruito dal dopoguerra, progressivamente si va dissolvendosi. La prima battuta d’arresto di quella promessa di benessere e miglioramento per tutti si ebbe proprio nella seconda metà del secolo scorso, in quegli anni che si vogliono “di piombo”. Ora, ne segue un’altra, più lunga e più profonda. In quella costruzione, i piani altri, gli attici, non subiscono alcun rallentamento nel loro accrescere ricchezze e averi, anzi, nella crisi, continuano a correre e aumentano la velocità. Quelli bassi, le portinerie, sono da sempre esclusi, e non è una novità tale da spingerli ora a protestare con più forza e maggiore intensità. I piani intermedi, gli appartamenti della borghesia, invece, fino a ieri credutisi al sicuro, sono quelli maggiormente colpiti. E possono dar vita a moti preoccupanti, come già accaduto. Ancora Zavoli, ancora su Prima linea e la sua composizione: «Sono studenti, impiegati, veri o sedicenti intellettuali; molti i borghesi, pochissimi gli operai».

Ma voi, tranquilli, datemi del gufo e tutto sarà come prima. Spariranno i disagi e rientreranno le disaffezioni, e ogni cosa andrà al suo posto e nel luogo e nel tempo in cui deve stare secondo voi che, per non sbagliare mai, «avete votato ancora la sicurezza, la disciplina».

Questa voce è stata pubblicata in libertà di espressione, politica, società, storia e contrassegnata con , , , , , . Contrassegna il permalink.

1 risposta a Il disagio e la disaffezione

  1. Fabrizio scrive:

    Nonostante i risultati amministrativi, nonostante la forte astensione dell’elettorato del fu-centrosinistra, la minoranza dem continua a mietere disagio e disaffezione con il suo solito ed intramontabile trend.
    A questo punto e’ chiaro il loro trucco delle scale dell’illusione e gli elettori della sinistra non ci credono piu’.
    La minoranza dem ha votato con il vecchio centrodestra sia le riforme antisociali e antieconomiche e sia le riforme costituzionali.

    Il nuovo centrodestra sara’ costituito, dal Pd a guida minoranza dem , dal nuovo partito Renzi/Berlusconi , da Fdi .
    La lega di Salvini?

    p.s. continua……

Lascia un commento