Non ci credono più

Non ho idea di quanti, dei circa 8 milioni di elettori chiamati alle urne per i turni di ballottaggio, andranno oggi a votare. Così come non saprei dire chi vincerà nelle singole competizioni. E, sinceramente, nemmeno m’interessa più di tanto: vadano come vogliano, cambierà davvero poco. Che poi è quello che spinge sempre più cittadini a smettere di credere nel racconto della sovranità espressa attraverso un voto, o li porta a scegliere una delle parti esclusivamente secondo logiche oppositive. Fenomeno, quest’ultimo, che pare interessare di più i partiti a vocazione popolare, o che almeno dovrebbero esserlo. Provo a spiegarmi meglio.

C’è un sentimento di sfiducia che coinvolge gli elettori delle fasce più colpite dalle difficoltà e più basse, fra quelle che ancora vanno a votare, e che si dirige principalmente verso la rappresentanza politica che si definisce di sinistra. Perché? Credo soprattutto perché dall’altra parte non si aspettavano granché. Insomma, io sono precario ora come lo ero al tempo dei governi della destra; ma era dalla mia parte che mi attendevo qualcosa di più in quel senso, non da Berlusconi. E invece, non è accaduto nulla, e anzi, proprio gli eletti del partito che ho votato hanno realizzato quelle cose, come l’abolizione dell’articolo 18, che quando le provavano gli altri ci portavano in piazza a contrastarle. Perché dovrei ancora fidarmi? Perché non dovrei ricambiare con un cambio di orientamento elettorale il loro cambio di opinioni?

Quel mio esempio personale è ancora una delle situazioni migliori. Perché c’era l’operaio sempre legato al partito della sua storia, che si chiamasse Pci, Pds, Ds o altro, e che però è dovuto andare in pensione prima, perché la ditta stava chiudendo, e si è scoperto “esodato” dopo, perché il governo che il suo partito sosteneva l’aveva dimenticato. Ora si trova a combattere con un assegno bassissimo, vive in periferia dove non arrivano i riflessi dei centri storici imbellettati e resi attrattivi per i turisti dall’amministrazioni del suo partito ed è costretto a guardare suo figlio arrabattarsi a trent’anni fra contratti offensivi e salari insufficienti. Nel frattempo, gli amici e i figli degli amici della sua parte, si spartiscono assunzioni e incarichi in enti e partecipate, consulenze per attività di promozione di qualcosa che non si capisce mai bene cosa sia e a cosa serva, finanziamenti per la realizzazione di eventi e centri culturali, fondazioni e associazioni, startup o come diavolo volete chiamarle che, gira che ti rigira, sono fonti di reddito sempre per gli stessi. Quale sentimento credete che provi?

Potrei continuare e mettere anche fatti e circostanze più dettagliati, ma ognuno di voi sarebbe altrettanto in grado di fare il proprio personale elenco. E poi, non son questi i temi, ancor meno i toni, di questo blog. Rimangono i fatti, e i motivi che spiegano quello che accade, e che a quelli che stanno bene nella situazione che si è determinata dopo lo scollamento fra la proiezione istituzionale delle forze di sinistra e quella che dovrebbe essere la propria base sociale paiono di un’assurdità inconcepibile, sentimento testimoniato emblematicamente dalle grida di allarme dei governanti sulle probabili conseguenze di una sua sconfitta.

Come spesso mi accade, quei toni da “se perdiamo noi, sarà pianto e stridore di denti” eretti a baluardo dal partito al potere, m’han riportato alla mente un aneddoto dei tempi andati, che in fondo spiega come, da sempre, buona parte del voto popolare contro i padroni era giustificato da un sentimento di rivalsa per una giustizia sociale negata. Per farla breve, un ricco proprietario terriero dice al suo bracciante comunista: «tu speri che arrivi Baffone, ma non credere che con lui la tua situazione migliorerà, e potrai arricchirti e ingrassarti; se arrivano i comunisti, sarà “sciott” (minestra povera e acquosa, metaforicamente “vita dura”) tutti i giorni». «Già», rispose il bracciante comunista al padrone, «può essere. Ma nel caso, “sciott” a me e “sciott” pure a sua signoria. E io ci sono abituato».

E nondimeno è vero se il padrone si dice di sinistra.

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1 risposta a Non ci credono più

  1. Fabrizio scrive:

    Delle citta’ capitali solo Milano crede ancora al patto del nazareno!
    Dei capoluoghi di provincia solo Varese crede ancora al patto del nazareno!

    Il patto del nazareno vince dove c’e’ forza capitalista!Dove il reddito medio e’ molto alto!

    Milano e Varese sono il voto sul governo; un governo che rappresenta e rappresentera’ il nuovo centrodestra.
    L’ innovazione e’ Renzi come futuro leader del centrodestra!Berlusconi con i suoi amici ,che conosciamo e che ci stanno governando, e’ e sara’ sempre al fianco di Renzi per il referendum costituzionale!

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