Forse non è solo “gufismo”

In tutte le grandi città saranno i ballottaggi a dirci i nomi dei primi cittadini. Da Roma a Milano, da Torino a Napoli, nessun candidato si è aggiudicato il risultato al primo turno. Non voglio fare l’elenco dei dati, che a questo punto li conoscete già tutti meglio di me, ma è interessante vedere come le analisi siano improntate ormai al tutto e di più.

“Colpa della disunione della sinistra”, ho ascoltato in qualche commento. Cosa numericamente insostenibile, visti, e lo dico con dispiacere, i risultati esigui e quasi trascurabili dei partiti alla sinistra del Pd che fanno dell’unica opposizione al governo il M5S. “Sono effetti di un voto troppo centrato sulle questioni nazionali”, si è anche ascoltato. Evidenza ovvia, visto che ogni singolo risultato elettorale è letto da Palazzo Chigi come “la conferma che gli italiani vogliono le riforme”, quelle che vuole Renzi, ovvio. “Lo scenario tripolare che emerge, pone in discussione la scelta di una legge elettorale con doppio turno”, ho pure letto. E qui non capisco: io sono un proporzionalista convinto, ma immagino che il ballottaggio serva proprio a scegliere quando le opzioni in campo con qualche chance di vittoria siano più di due; altrimenti, se fosse solo per “apparentare” pezzi d’area e piccoli partiti in cambio di un paio d’assessorati, sarebbe superfluo, almeno nella sostanza.

Ma al di là dei soliti argomenti, c’è stata una voce che, finalmente, ha ammesso quello per cui da tempo, al solo dirlo, si è tacciati d’esser gufi rancorosi e disfattisti: le cose non vanno come le si racconta, e le elezioni narrano di questa realtà volutamente nascosta dietro cortine di slide, hashtag e tweet. Sottraendosi all’inspiegabile consegna del silenzio dei candidati dem che a qualcuno può aver fatto tornare in mente lo sbotto di Nanni Moretti in Aprile contro i vertici della sinistra sconfitti da Berlusconi, «dico: hai perso, preparati un discorso», Piero Fassino ha spiegato, secondo lui, quello che è successo.

«Il voto – ha detto il candidato del Pd torinese – riflette una situazione di crisi sociale che in questi anni si è sentita; si è sentita in Europa, si è sentita in Italia, si è sentita ovviamente nelle grandi città. Una crisi sociale che ha indotto in una parte dell’opinione pubblica condizioni di malessere, di disagio, di disaffezione che si vede anche nella minore partecipazione al voto». Malessere e disagio che spiegano il voto, per semplificare, “antisistema” e come causa della disaffezione e della minore partecipazione: altro che “l’astensionismo è un problema secondario” e “solo l’odio verso di me non fa apprezzare i risultati del governo”.

E Fassino era uno che, fino a ieri, quando gli si faceva notare che Torino non era proprio e solo l’immagine patinata di via Lagrange, gridava al «modo presuntuoso e superficiale di dare una rappresentazione della realtà»; ora ne parla pure lui. Chissà se coreuti e corifei del renzismo realizzato sotto cieli azzurri e soli splendenti sapranno interpretare come il sindaco della capitale sabauda quanto successo in questo primo turno amministrativo.

Potrebbero persino scoprire che non è tutto “gufismo” quel che non ride.

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1 risposta a Forse non è solo “gufismo”

  1. Fabrizio scrive:

    Quel che non ride del :
    Tanto in mezzo tra il primo voto e i ballottaggi ci divertiremo, giusto?
    Quello che rammarica , civilmente e democraticamente parlando, che nessuna alta figura istituzionale e/o nessun garante abbia fischiato il fallo del non rispetto………………………..
    Quel che non ride, dal basso verso l’alto” ha iniziato un reale e concreto processo di democratizzazione nei confronti del……………………..
    Quel che non ride , secondo un mio personale pensiero, ha scelto la Terza Via paragonabile alla terza via di Dahl , studioso americano .
    Ci dicono che siamo al tripolarismo , ma la realtà e’ ben diversa.
    Chi ha cercato e voluto un sistema politico tripolare che nei dati di fatto si e’ trasformato in un sistema a cinque poli ?

    p.s. continua la storia che non ci raccontano……..

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