Se gli Usa sono fuori dalla crisi, perché c’è Trump?

Quanti ne avete letti di articoli, inchieste, approfondimenti, speciali, saggi, dichiarazioni, sul come gli Usa del presidente Obama avessero superato, prima e meglio dell’Europa dei timidi burocrati, la crisi che proprio da quel lato dell’Atlantico era iniziata ormai otto anni fa? Molti, lo so. Così tanti che quasi è impossibile poter immaginare che in quel mondo, che solo nel dicembre scorso ha visto ben 290 mila nuovi occupati e 2,7 milioni nel corso di tutto il 2015, ci possa essere del malcontento. Eppure.

Eppure qualcosa non torna nel racconto degli osservatori dei fatti americani. La realtà a luci e lustrini, ad esempio, dovrebbe essere incompatibile con un fenomeno come quello di Trump, speculatore politico che accresce il proprio consenso elettorale puntando a indirizzare il malessere diffuso verso i nemici di sempre nella propaganda di destra, immigrati su tutti. Quale rancore ci può essere di cui nutrire quelle speculazioni in un Paese che cresce ai ritmi di cui ci narrano? Ciò nondimeno, il miliardario newyorkese dai capelli improbabili è lì, orco nella fiaba americana, a dimostrare che non tutti vivono felici e contenti.

Se c’è chi può sfruttare il risentimento della popolazione a suo vantaggio, vuol dire che c’è risentimento in quella popolazione. E se c’è quello, vuol dire che a Wall Street pascoleranno pure i grassi e grossi tori (che poi vorrei capire quand’è che di là si son viste le vacche magre), ma è a Main Street che si tira la cinghia anche solo per mettere insieme il pranzo con la cena, che si litiga per un posto in fila all’ufficio di collocamento col vicino messicano, che si guarda di sottecchi e con livore la famiglia musulmana che vive nell’appartamento accanto, nel palazzo di case popolari, che si invidia – sì, invidia, ché i poveri la provano per chi non prova come loro i morsi della miseria – il commerciante indiano che vende stracci, mangia avanzi, probabilmente evade le tasse, ma riesce a mandare i figli all’università.

E per trovare quest’America, purtroppo, non serve affatto traversare l’oceano.

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