Meglio, sì, molto meglio che non si sia dimessa

Come nella réclame d’antan d’un vecchio analgesico, con la fiducia passa tutto, compreso il decreto sulle banche di credito cooperativo su cui fuoco e fiamme avevano annunciato la minoranza dem. Tranquilli, lo immagino il tenore delle obiezioni dei già sinistri del Pd: “è cambiato, per questo l’abbiamo votato”. Certo, certo: come tutto il resto, no?

Fatto sta che alla Camera è passato un decreto sulle banche, per cui il governo ha posto la questione di fiducia e in aula l’ha chiesta il ministro Maria Elena Boschi. Meno male che accadono queste cose di questi tempi, così, per sdrammatizzare. E meno male che la Boschi non s’è dimessa quando qualcuno gliel’ha suggerito: come faremmo ora a ironizzare sulla sua “competenza” in tema di banche? In effetti, se ci pensate, quelli che se ne augurano le dimissioni non danneggiano affatto il governo: con lei nell’esecutivo, e senza quei «troppi rapporti amicali in pochi chilometri», come disse qualcuno, ogni volta che da Palazzo Chigi giunge o arriverà qualche provvedimento sul sistema bancario, i critici non potranno che avvantaggiarsene spargendo il seme del dubbio. Insomma, con le parole di qualcun altro in riferimento a un caso diverso ma non dissimile, «senza di lei, il governo sarebbe più forte, non più debole».

Quindi, rimanga pure là il ministro emblema del renzismo realizzato, della rottamazione inveratasi nella prassi della politica. Non sarà così difficile spiegare cosa sia stato e cosa sia ora quell’inganno parolaio che han chiamato rinnovamento. E magari, speriamo, nominino anche l’amico Marco Carrai a capo d’una struttura di intelligence: faciliteranno il compito di render palese ciò che già è chiaro per chiunque voglia vederlo.

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