Ma siete al governo o all’opposizione delle minoranze?

Che le opposizioni critichino quello che fa il governo è fisiologico. Anche quando quella critica è strumentale all’affermazione delle proprie tesi, pure se fosse totalmente gratuita e inutile, è sempre parte delle dinamiche normali della democrazia: la maggioranza decide e approva le cose da fare, la minoranza, non potendo da par suo fare altrettanto, altrimenti non sarebbe minoranza, giudica, valuta, critica, appunto. Se avviene il contrario, qualcosa evidentemente non torna.

Nondimeno, qui sembra che siamo. Si vota alle primarie del Pd a Roma? Matteo Orfini, il presidente di quel partito, altro non sa portare come primo argomento della giornata che mettere in relazione il fatto con il dato di un’opposizione. Presentano una riforma della Costituzione che definiscono epocale? Maria Elena Boschi, la ministra competente, non trova di meglio da dire che «i professoroni cercano di bloccarci», e non si capisce come visto che quelli nulla possono là dove si decide. Passa un provvedimento voluto dalla maggioranza, magari proprio su quelle riforme costituzionali in cui il governo non dovrebbe avere un ruolo così centrale? Renzi, il capo del governo, saluta beffardamente gli oppositori. Mi chiedo: ma non avete un Paese da reggere?

La questione si fa barbina quando pure per le norme che non passano come si dice che le si vorrebbe la colpa è data alle opposizioni, fattispecie emblematicamente dimostrata dalla questione della legge sulle unioni civili, poi riscritta e approvata con la fiducia senza nessun accenno a quei princìpi che prima, quando discuteva con le minoranze, la maggioranza dichiarava irrinunciabili. Per non parlare della curiosa circostanza che vuole la presenza sul quotidiano del partito di governo di un’intera rubrica, curata da un tale sempre devoto al potente, chiunque sia, e in servizio permanente effettivo,  dedicata non alla venerazione continua di tutto quello che esce dalle voci dei governanti (non perché sia penoso il farlo, semplicemente perché quello è già il lavoro dell’intera testata), ma all’attacco ripetuto e violento di un altro giornale, colpevole – qualcuno ha detto “libertà di stampa”? – di eccepire rispetto alle politiche di Palazzo Chigi.

Sinceramente, lo dico per loro: immaginate quanto sarebbe adeguata una compagine di governo capace di condividere i meriti per le cose positive e assumersi le responsabilità per quelle che vanno male, come ogni vero leader sa esser giusto fare. Invece, nulla: siamo condannati al cinguettio continuo e stucchevole, in cui i sedicenti buoni applaudono sé stessi per ogni “zero virgola” in più e cercano nelle trame dei cattivi, dipinti quali caricaturali rapaci notturni o fantasiosi roditori di ignoto aspetto e amara bile, le colpe per tutto quello che non va secondo gli annunci festanti e piani gioiosi di chi è al comando.

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