Il politico abdicante

«Noi siamo la politica, non la tecnica», dice il protagonista indiscusso di queste stagione istituzionale italiana all’assemblea del suo partito, che lo applaude e ne rilancia le parole in cinguettii social con tanto di sottolineature, glosse o semplici simboli della condivisione di tanto pensiero e simile agire. In linea di massima, sarebbe sacrosanto, se non fosse falso.

No, non nel senso esplicito del periodo: loro, in effetti, incarnano la politica, non certamente la tecnica. Nel significato implicito, invece, cioè nel voler ribadire che loro sono chiamati a decidere, non meramente a eseguire, quel concetto così espresso è quanto di più lontano ci sia dalla realtà delle cose. Prendiamo tutto quello che sta caratterizzando in questi mesi le politiche del governo. Quelle riforme stucchevolmente ricordate in continuazione, altro non sono se non l’esecuzione precisa di altre indicazione puntualizzate in documenti di diverse istituzioni.

Ricordate la lettera a doppia firma, Bce e Banca d’Italia, del 5 agosto 2011 indirizzata all’allora presidente del Consiglio? Bene, in quella si leggeva un dettagliato elenco di cose da fare, inderogabilmente: piena liberalizzazione dei servizi pubblici essenziali; riforma del sistema di contrattazione salariale collettiva, puntando ad accordi a livello di impresa; revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti; assunzione di indicatori per la misurazione di qualità e quantità delle prestazioni della pubblica amministrazione, soprattutto nei settori sanitario, giudiziario e dell’istruzione; abolizione e fusione di alcuni strati amministrativi intermedi (e qui i firmatari della lettera si superarono nella veggenza, scrivendo tra parentesi «come le Province» e togliendo in quel modo pure il portato dell’originalità a una decisione più volte propagandata come “epocale”).

Ora, pensate a quello che è stato approvato sotto la voce “riforme” e confrontatelo con quell’elenco puntuale messo giù da Draghi e Trichet cinque anni fa. Se a ciò aggiungessimo la volontà degli oscuri nel nome e sempre presenti nel racconto dei tempi attuali “Mercati”, messo in sintesi in un documento di una delle principali banche d’affari mondiali, la J.P. Morgan il 28 maggio del 2013, in cui si lamentava (oltre all’eccessiva permissività in tema di dissenso e protesta delle popolazioni, e non vorremmo mai scoprire che alcuni attacchi ai sindacati e alle libertà di “dire di no” siano proprio da inserire in quel solco lì tracciato e troppe volte segnato nella storia recente) la debolezza dei governi nei confronti dei parlamenti e la tutela dei lavoratori rispetto alle facoltà dell’impresa, augurandosene per entrambe il radicale cambiamento, potremmo fare un foglio di note con i riquadri per le spunte e progressivamente eliminare il già fatto.

È pur vero che, anche nel racconto che la politica fa di sé stessa, questa verità traspare. Cosa dicono, infatti, tutte le azioni che essa mette in campo ormai da anni? Che rispetto alla rappresentanza, che era concetto attivo, va premiata la governabilità, che, per quanto se ne forzi la valenza, è termine passivo e quindi rimanda a un al di fuori che decide sul cosa e sul come essere “governati”, e che, in relazione all’assetto costituzionale, va limitata la funzione del Parlamento, che decide legiferando per conto del “popolo sovrano”, e incrementata quella dell’Esecutivo, che se si chiama così è perché è chiamato a “eseguire” le disposizioni, e se non saranno quelle autonomamente definite nelle sedi parlamentari, allora saranno altre.

E quali potrebbero essere lo sappiamo fin da ora.

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1 risposta a Il politico abdicante

  1. Fabrizio scrive:

    Il politico che ha abdicato a favore del’uomo solo al comando , contrariamente al quanto aveva detto, e’ il Garante dell’Unita’ della Repubblica e il Garante della Costituzione.
    Il Garante “ Arbitro” ai dati di fatto ha dimenticao completamente il suo fischietto!
    Anche i due arbitri guardalinee seguono la corrente!
    Ha dimenticato , nei dati di fatto, che il popolo crede in se stesso ma non crede piu’ ai soliti richiami mediatici!
    I politici della minoranza dem continuano e continuano con i soliti salvagenti!Campa cavallo che l’erba cresce!
    Chi non abdica e’ la maggioranza del popolo che non si fida delle parole, parole e parole.
    Come puo’ un Garante non controbattere ad una frase antisociale e antidemocratica, che ha detto il colui che ci sta governando, come questa:
    Il reddito di cittadinanza sarebbe un’elemosina dello stato!
    Ma se i nostri “comuni vicini” lo hanno fatto, ci sara’ un motivo! Il motivo e’ lo stato del diritto ai diritti !

    p.s. continua

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