Al novantanove per cento, sì

«+764mila contratti stabili nel primo anno di #jobsact. Amici gufi, siete ancora sicuri che non funzioni?». Con la solita eleganza d’eloquio che ne contraddistingue le dichiarazioni politiche e istituzionali, il premier ha twittato la settimana scorso contro quelli che osano mettere in dubbio la sua verità, e cioè che le sue riforme disegnino il migliore dei mondi possibili.

Nonostante ciò, tentando di evitare la fine di novelli Candide, alcuni si permettono ancora il rovello del domandare riscontro alla realtà. Come han fatto, per esempio, Paolo Sestito, capo del servizio Struttura Economica della Banca d’Italia, ed Eliana Viviano, partendo dall’analisi di un campione significativo di dati e mettendolo in relazione con le diverse misure in atto. Bene, dallo studio emerge che l’effetto attribuibile esclusivamente al Jobs Act per quanto riguarda le nuove assunzioni a carattere stabile è appena dell’uno per cento, mentre il grosso è svolto da incentivi e sgravi fiscali. Che sono certamente una buona cosa e sempre il Governo li ha voluti, certo, ma rimangono misure non strutturali, e quindi lasciano aperta l’incertezza sul futuro, e comunque esulano dal tema trattato dal prode twittator.

Dopotutto, pensateci, come può una norma che di per sé cambia, in relazione ai “contratti fissi”, la precedente solo nella parte che concerne il reintegro a seguito di sentenza in caso di licenziamento per giusta causa, determinare ex novo la creazione di posti di lavoro? Se quella necessità c’era, naturalmente era slegata dalle possibilità di disfarsi dei collaboratori; al contrario, non è che siccome al padrone vien data la facoltà di mettere alla porta il collaboratore nel tempo d’un “you’re fired!”, che a noi piace l’inglese, d’incanto saltano fuori una milionata di nuovi posti.

“Al novantanove per cento, sì”, si sarebbe allora tentati di rispondere alla domanda di Renzi. Così come siamo abbastanza sicuri che non era affatto la cancellazione dell’articolo 18 l’ostacolo alle assunzioni a tempo indeterminato, cosa che, peraltro, lo stesso presidente del Consiglio, quando non lo era, sosteneva. E siamo invece quasi più sicuri, noi gufi, che quella norma sia servita a cancellare anche l’ultima speranza di tranquillità, riportando pure il contratto stabile nel regno della ricattabilità del lavoratore.

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