Come terribili scintille

Sinceramente, vedere la Francia e la Russia da un lato e la Turchia dall’altro, rende fin troppo facile il paragone con un secolo fa. E pure se qua non ci sono stati assassinii di arciduchi ereditari, quelli che abbiamo avuto bastano e avanzano. Il casus belli perfetto, però, pare siamo riusciti a trovarlo ugualmente: l’areo russo abbattuto al confine con la Siria dai caccia di Ankara.

Il bombardiere di Putin, il Sukhoi Su 24, è un pezzo volante della guerra fredda. Non credo sia stato difficile per gli F-16 di Erdoğan buttarlo giù. Lo sapevano i turchi, lo sapevano i russi. I motivi? Bah, tanti, troppi. Fra questi, non c’è lo sconfinamento nello spazio aereo. E nemmeno la guerra al Daesh. Quelli, al massimo, sono “l’occasione”. C’è tutto il resto, e c’è il contesto, come spiega bene Gabriele Crescente su Intenazionale: la voglia della Turchia di impedire la riconquista di Aleppo da parte del regime siriano, le sue pressioni per la costituzione di “zone cuscinetto” interdette all’esercito di Assad, soprattutto, il tentativo turco di fermare l’avanzata delle milizie curde dell’Ypg lungo il confine e mantenere aperti i canali di collegamento con i gruppi ribelli islamisti.

In tutto questo, l’abbattimento del jet russo sembra dire a tutti: scegliete da che parte stare. Con la Turchia, membro Nato e che quindi mette in discussione tutti i partecipanti a quel patto, o con la Russia che dice, per bocca del suo presidente, che quell’attacco aereo rappresenta “una pugnalata nella schiena da parte dei complici dei terroristi”, preannunciando “conseguenze tragiche” e “drammatiche ripercussioni”. In un siffatto scenario, i balbettamenti di Obama sul diritto turco alla difesa del proprio spazio aereo, evocato alla stregua di un principio più che calato nella realtà del fatto, uniti al silenzio sulle accuse mosse ad Ankara da Mosca, rischiano di peggiorare le cose.

Come andrà a finire? Non ne ho la più pallida idea. Ma ne ho paura. Se siamo qui, la colpa è dell’irresponsabilità di chi non riesce mai a guardare oltre la punta delle sue scarpe, che ogni volta che c’è una controversia, vede nell’azione militare e nella guerra la sua soluzione. Non a caso i costituenti italiani del ‘46/’48 scrissero che si doveva “ripudiare” quel modo di fare; loro sapevano che le guerre, anche le più grandi, violente e distruttive, iniziano sempre da una sottovalutazione e in conseguenza dall’atteggiamento “pratico” e “concreto” di quanti, in quei termini, cercano di nascondere la propria mancanza di visione.

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