Il relativismo comico

Diciamola tutta: la traccia su cui si svolge questa stagione di governo e politica non è affatto il tanto sbandierato “pragmatismo” o il troppo temuto “autoritarismo”. Il primo è solo un modo per chiamare la volontà di quella classe dirigente di rimanere nei posti di comando che ha conquistato, giustificando il tutto con una imperscrutabile necessità, elargita a piene mani attraverso la vuota retorica demagogica del “bisogna fare le riforme”. Il secondo, è sovrastimato: certo, l’autoritarismo è spesso la tentazione di chi non riesce a essere autorevole, ma al cospetto delle intemerate concussioni della nuova élite al potere, la smorfia che si disegna sul volto è solitamente il riso, al massimo lo sbadiglio, quasi mai lo spavento. No, la cifra di questi tempi è il “relativismo”, anche in questo caso in versione comica.

Non si capirebbe, altrimenti, perché mai gli stessi che spiegavano l’irrinunciabilità della difesa dello Statuto dei lavoratori, che parlavano di libertà dell’insegnamento contro le ipotesi di chiamata diretta dei docenti, che protestavano per l’attentato all’indipendenza della stampa se Berlusconi attaccava un giornalista, che vedevano il regime dietro le modifiche in senso governista della Costituzione,  che parlavano di “questione morale” per ogni singolo inchiesta che metteva nel mirino un potente e strepitavano per le difese corporative del ceto politico perpetuate attraverso l’uso delle immunità parlamentari, tutte queste cose le votino, le sostengano e le rivendichino.

Solo un relativismo, comico, appunto, dato che fa sorridere nel paragone col prima, può spiegare questo rapido e radicale mutamento di prospettive, valori e comportamenti. Ma può anche essere, invece e ovviamente, che quel cambiamento non ci sia stato affatto, e che chi oggi promuova idee di segno specularmente contrarie a quelle che rivendicava ieri, lo faccia solo perché a essere cambiata sia la sua posizione.

Come dire, cambiando il posto dell’osservazione, muta la valutazione che si dà delle cose: quando stavano all’opposizione, difendevano le posizioni di quelli che potevano mandarli, col voto, al governo, ora che sono lì, difendono chi può farli rimanere, ritardando il momento del voto, nel luogo in cui sono arrivati.

Relativismo, what else?

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