Se è un “rischio”, l’avete voluto correre voi

“Chi rema contro sulle riforme si assume la responsabilità di consegnare il nostro Paese ai vari Grillo e Salvini, alle destre populiste. Io questo rischio non lo voglio correre”, dice Maria Elena Boschi a proposito delle tensioni all’interno del suo partito. Sulla stessa linea, l’onnipresente e plenipotenziaria (salvo smentite del capo, ovvio) Debora Serracchiani e il quasi sempre assente (altrimenti non si capirebbe come mai nessuno l’abbia ascoltato quando, e in modo altisonante e stentoreo, ha fatto sentire la propria voce, dal caso De Gennaro all’affaire Azzollini) Matteo Orfini.

Ma poi, dico, con un sistema così ben studiato da fini costituzionalisti ed esperti legislatori, come quello disegnato dal combinato disposto di Italicum e riforma del Senato, ponderato e poggiato su opportuni e sufficienti sistemi di garanzia, meccanismi adeguati di check and balance, ché all’inglese è più cool, possono corrersi “rischi”? Un conoscitore di queste materie, Elster, diceva che una costituzione “è quella cosa che ci si dà quando si è sobri per poterla utilizzare nel momento in cui si è ubriachi”: se simili campioni del riformismo hanno disegnato il quadro e le regole, perché averne paura? In ogni caso, sarà un trionfo della democrazia, con i cittadini che sapranno la sera stessa delle elezioni chi avrà vinto e senza quegli inutili impedimenti, a partire dall’assurdo bicameralismo perfetto, giusto? Altrimenti, il dubbio è che potrebbe non esserlo mai e comunque; ma questi son discorsi da gufi rosiconi, non dei “più giovani e più saggi” che guidano il Paese sotto l’arco trionfale del cambiamento.

Perché c’è qualcosa che non torna nel racconto di renziani effettivi e renzisti di complemento, che si fa cupo e minaccioso. Per prima cosa, il fatto che sia ripetuto, e con identiche parole, da tutti: sa di comunicato propagandistico più che di ragionamento politico. E poi, è realmente stupefacente: ma come, delle critiche, distinguo, dissensi, non dovevate farvene una ragione, tirando dritto e non indietreggiando mai? Allora, cos’è questa paura che traspare? Cosa questa replica paradossale, e a tratti bizzarra, a una risposta che si è cercata proprio nelle forme, e nei modi, in cui sta arrivando?

Voglio dire, a cosa servivano gli strappi con la tradizione della sinistra, con i sindacati, col mondo della scuola, con i rappresentanti delle minoranze, con quanti dicevano che magari Alfano e Lupi non erano i partner giusti, che il Jobs Act era la risposta sbagliata, che il tema dell’istruzione meritava più rispetto e serietà, che la governabilità è importante, ma non si può ignorare la rappresentanza, che se ti leghi ad Azzollini e Formigoni, poi non puoi pretendere che tutti ti seguano, che i patti con Verdini suonano sempre male, che non puoi pensare di annichilire, o meglio, rottamare e asfaltare, per usare metafore (credo) più trendy, chiunque non la pensi come il capo e, allo stesso tempo, immaginare che pedissequamente ti venga appresso, se non a provocare con tutti loro una rottura?

L’avete scientificamente cercata e l’avete ottenuta: avete vinto, di cosa vi lamentate? Se però è a causa di quella rottura che pensate possa venire il “rischio” di consegnare l’Italia ai Grillo e ai Salvini, e alle persone che tutte le mattine vedete riflesse nello specchio che dovreste rivolgervi. Siete voi che avete spiegato a tutti quelli che ora accusate d’essersi allontanati o di stare per farlo che potevate fare a meno di loro, e questi ne hanno preso atto, non senza avervi spiegato, alcuni e non pochi, che, per dirla con le parole di Scotellaro, “per dove ci portate/ lì c’è l’abisso, lì c’è il ciglione”.

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