Se volevamo stare col Pd, saremmo restati nel Pd

Da un po’ di giorni, mi capita di incappare in molti (fra questi, anche un giornale locale) che chiedono: “ma alla fine, voi di Possibile o come si chiamerà, alle Amministrative, sarete alleati del Partito democratico, magari con un profilo critico, oppure no?”. La domanda non è senza fondamento, sia chiaro, e l’ambiguità che s’è vista molte, troppe volte a sinistra ne espone e attesta meglio di mille argomentazioni la validità. Eppure, la mia risposta, senza riflettere troppo sulle complicazioni e le conclusioni, è semplice: no.

Insomma, se volevamo stare in ogni caso col Pd, saremmo rimasti nel Pd a qualsiasi condizione, non credete? E non è che si può dire che, siccome le Amministrative sono un livello diverso, il ragionamento è differente. Per due ordini di ragioni. Il primo, è che anche a quel livello impattano le scelte che si sono contestate e che hanno portato alla decisione di uscire dal partito. Il secondo, è che pure quelle Europee erano elezioni di livello diverso, eppure, quel 40,8% riprodotto in varie sedi a caratteri cubitali (come, d’altronde, la cartina con le zone colorate in rosso dopo le Regionali) non fu spiegato come affermazione importante per le politiche dell’Unione, ma quale certificazione del gradimento sulle politiche nazionali.

Provando a fare qualche esempio, se non si condivide lo Sblocca Italia che scatenerà le trivelle in tutti i fiumi e in tutti i mari o il Piano casa che impone di togliere l’acqua agli occupanti “senza titolo” di un edificio chiunque essi siano, vecchi, donne e bambini inclusi, non è che poi si può sostenere il partito che quelle misure le ha pensate, volute e votate. Così come, se di tutti i consensi presi si fa chiave ermeneutica per dimostrare, asserendolo, l’apprezzamento della rotta seguita, non è che si può concederli e poi lamentarsi della direzione impressa dai timonieri. Soprattutto, se ciò lo si sa già da prima.

E noi, oggi, lo sappiamo. Perché ce lo dicono gli amministratori che contestano le ricerche di idrocarburi a largo delle coste o nelle valli dei territori che governano o quelli che non rispettano volutamente le leggi che giudicano ingiuste, e tutti coloro che ritengono errate le scelte del Governo, e quindi di chi lo presiede, e di conseguenza del partito che più degli altri lo sostiene. Altrimenti, vale tutto, che è come dire che non vale nulla.

Per di più, se il soggetto politico al quale pensa Renzi è quello per cui devono votare gli elettori a cui guarda Casini, e lo dice egli stesso, o è in potenza (ma pure in atto) quel “partito della Nazione” in cui ambisce a stare Verdini (che peraltro, su molte e non secondarie questioni già c’è e ci sarà sempre di più, a tutti i pioli della scala istituzionale), non è che può vedere anche la partecipazione, diretta o indiretta, di quanti a quel modello e a quel modo di far politica si dicono radicalmente alternativi.

Alla fine, quindi, come chiedeva la domanda all’inizio, potrebbe non essere sufficiente la motivazione del “se no vince il centrodestra” (quale? Quello di Verdini? Quello di Casini?) o il disputare sulle qualità di un sindaco, che ha fatto la raccolta differenziata, ha riqualificato le vie del centro e predisposto un discreto piano del traffico cittadino; perché conosco sindaci di destra, anche leghisti, che queste cose le fanno benissimo, eppure non basta.

O almeno, non basta per me.

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