Che direbbe De Luca?

Ve lo immaginate Vincenzo De Luca alla sua scrivania intervistato da un silente giornalista di Lira Tv, l’emittente locale che ha ne reso famose le tante requisitorie e le mille filippiche contro chiunque e qualsia cosa, commentare quanto sta avvenendo in Campania. Dico, immaginate che non si trattasse di lui.

“Siamo al festival internazionale della cialtroneria”, “alle prese con ignoranti che disprezzano le regole”, “nelle mani di cafoni” (e nell’usare questo termine come offesa si denota lo scollamento dalla storia tipico dei chi crede d’esser divenuto “qualcuno” solo perché ha un po’ di potere e denaro) “che pur di prendere quel che vogliono, calpestano leggi e norme civili”. Ce lo immaginiamo così, anche per la parodia che ne ha fatto Crozza, castigare serioso i costumi degli altri. Solo che questa volta dovrebbe parlare allo specchio. Perché se la Campania, la terza regione italiana per abitanti, passa come una lampadina delle serie natalizia dall’avere un presidente all’impossibilità di questo a insediarsi per avvenuta sospensione  e poi alla sospensione della sospensione in attesa del giudizio che potrebbe nuovamente sospenderlo, lo si deve solo alla sua proterva arroganza e all’opportunismo sempre in cerca di vittorie di chi poteva impedirlo e non l’ha fatto. Ora qui siamo, in mano a nessuno.

La prima sezione civile del tribunale partenopeo ha congelato l’efficacia del provvedimento sospensivo emesso dal Governo appena qualche giorno fa (definendolo “disinvolto” e censurando così l’operato di Palazzo Chigi). Il commento di De Luca è stato “oggi si ripristina il rispetto della volontà popolare”, inserendosi così nel nobile filone di quanti confondono il consenso con l’immunità, di cui Berlusconi è stato grande interprete. A proposito di Berlusconi: ora lo reintegreranno chiedendoli pure scusa, giusto?

Allo stato attuale delle cose, questo è quanto, con la Regione appesa a un filo e la possibilità che, fra quindici giorni, le cose cambino nuovamente e a governare la Campania sia un vice (re?) che come presidente nessuno ha scelto, per dire del “rispetto della volontà popolare”.

Che si potesse arrivare a una simile situazione era immaginabile, prim’ancora che De Luca si candidasse, sia alle elezioni vere che alle primarie. A poco, se non a nulla, vale oggi invocare quello strumento a giustificazione del corso degli eventi da lì succedutisi. Renzi poteva impedire che il partito che guida avallasse quella candidatura e quel risultato, proprio spiegando che altrimenti si sarebbe arrivati a una tale situazione di impasse. Non lo ha fatto perché la nuova logica del Pd è “prima vincere, poi discutere” e quello che interessa alla sua attuale dirigenza è solo dire “abbiamo vinto”, indipendentemente dal come, dal per far cosa, dal con chi. Ecco, adesso così è, se vi pare.

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