Perché è Possibile

Un breve post che parla di una cosa che ho fatto io. Domenica ero sotto “Pini Spettinati” in via del Campo Barbarico, ieri ho fatto la tessera a Possibile. Sai che notizia, direte. In effetti, avete anche ragione: a chi importa cosa faccio io. Il fatto è, però, che secondo me non saranno in pochi a farlo (e vi invito a pensarci), ma soprattutto, saranno in molti quelli per cui sarà una novità.

Insomma, io sono giovane solo per i canoni di questo Paese, ma la mia prima tessera a un partito risale al 1993. A Roma per il lancio di Possibile ho visto tanti giovani, giovani veri intendo, che a quell’epoca nascevano. E ho visto anche meno giovani “ma con l’animo come un bambino”, proprio di chi “ogni tanto si mette le ali” (come quelli che scrivono le canzoni, secondo Guccini), capaci di spostare “i fiumi con il pensiero, e naviganti infiniti che sanno parlare con il cielo” (e così c’è pure Vecchioni, sperando che non litighino).

Perché l’altro ieri il cielo era chiaro, e ci potevi davvero parlare. Al mezzogiorno più alto dell’anno, di fianco, come si sta dove non si segue una decisione, ma si discute insieme per decidere la via. E anche questa è una cosa nuova. Non un vertice e tante sedi, ma tanti corpi che si uniscono, che “fanno rete”, come si dice ora, o semplicemente che collaborano e si confrontano, secondo il modo in cui sempre sono nate e cresciute le cose migliori, come i rizomi, ché qualcuno ci ha spiegato (a noi a cui piace Deleuze, e pure Guattari) che solo dall’intrecciarsi delle conoscenze fra mille e diversi piani si determinano le condizioni per interpretazioni innovative del reale e soluzioni differenti alla questioni.

Senza l’ossessione per la vittoria e la brama dei vincenti, ma con la determinazione di sapere che a vincere sono le idee e le visioni, i valori e i princìpi, oppure non è vittoria. “Un partito? E per andare dove?”, mi chiedevano uomini usi allo scetticismo che li ha consumati. Ma è il partire il principio del muoversi, l’arrivo è conseguenza.

Ecco allora quei “naviganti infiniti”, ma “che sanno benissimo cosa fare” (mancava De Gregori), con gli occhi aperti e le menti e i cuori liberi per la sfida. Fra pari: perché “uguale” non è solo un segno in un simbolo, ma la radice di uno stare insieme sulla base di regole diverse. Perché se non ci sono alternative, allora non c’è la politica, mentre il compito di questa è crearle. E perché è Possibile, sempre.

Questa voce è stata pubblicata in libertà di espressione, politica e contrassegnata con , , , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento