Un’altra presa d’atto. La mia

Ieri, comunicandolo ai rappresentanti del mio circolo, della mia federazione e dell’assemblea nazionale di cui ero parte, ho restituito la tessera del Partito democratico. Una scelta non facile, credetemi, perché un partito è anche una comunità di persone con cui si stringono relazioni, e lasciarle non è mai semplice. Ma una forza politica è soprattutto quello, una forza politica appunto, e su ciò va giudicata, sapendo che questo non muta il giudizio su quanti si sono conosciuti e su chi continuerà a farne parte.

Mi sono ritrovato a chiedermi, e più volte in questo periodo, se dinanzi a ipotetiche elezioni io riuscirei ancora a supportare, sostenere e votare per le liste del Pd. Ogni volta, la risposta è stata sempre la stessa: no. Non riuscirei a dare supporto a un partito che da tempo dice e fa cose che io mi trovo a criticare. Non riuscirei a sostenere un partito che quelle cose che ho spesso avversato le rivendicasse, e le rivendicherebbe, come risultati della sua azione. Non riuscirei a votare per un partito che, con tutta evidenza, continuerebbe a seguire quelle pratiche di governo e quelle politiche messe in atto in questi mesi, e che non sono ciò che io vorrei che il partito a cui dessi il mio voto facesse. Ed è evidente, quindi, che non può aver senso rimanere parte di un soggetto politico per il quale io stesso non voterei. Come spesso ho detto parlando di quello che vedevo accadere, è una presa d’atto; la mia presa d’atto.

I motivi di una simile scelta si ritrovano facilmente scorrendo le pagine di questo blog. Dalle politiche sul lavoro a quelle che hanno al centro i temi ambientali e il loro rapporto con le infrastrutture e le fonti energetiche, dall’ideologia che regge e motiva la riforma della scuola all’idea di democrazia che emerge e viene fuori dalla relazione fra la nuova legge elettorale e le modifiche della Costituzione, dal segno classista di alcune misure sul diritto all’abitazione alle parole reazionarie (ché in altri modi non saprei definirle) che parlano di “blocchi”, “quote”, “interventi militari mirati”, nome sofisticato che si dà alla guerra, troppo spesso sentite a proposito di questioni quali quella dei migranti, che nella tradizione che dovrebbe essere di un partito di sinistra parlavano di “cooperazione”, “solidarietà”, pace. Fino a giungere, quasi fosse il fenomeno in chiaro di una sostanza ormai già mutata, alle alleanze eccessivamente spregiudicate e vissute con rassegnazione, quando non direttamente spiegate come necessarie o, addirittura, assunte a simbolo di un’evoluzione positiva, e che da Bruxelles all’ultima delle Province, passando per il Parlamento e molte Regioni, vedono ormai il Pd stabilmente legato con partiti di destra.

E no, non è solo per una questione connessa a esiti elettorali incerti, come quelli delle ultime politiche: quei soggetti e quegli alleati vengono ricercati da prima delle elezioni, che siano esse dirette  (sono noti, e troppi per essere eccezionali, i casi in queste amministrative) o di secondo livello (trovare una Provincia o una Città metropolitana in cui questo schema non è stato praticato è impresa pari alla ricerca del famoso ago nel noto pagliaio).

Davanti a un siffatto scenario, e al senso politico che esso dispiega, non riesco e non posso far altro che prendere atto, come dicevo, di quanto la mia visione politica differisca, a questo punto in modo radicale, per sostanza e obiettivi, da quella di chi guida il partito e della sua maggioranza, e pure di quelle minoranze che, comunque, l’uno e l’altra seguono. Spesso, si dice che in una comunità politica le opinioni maggioritarie vanno rispettate da tutti. Certo. Ma se queste contrastano così tanto con le proprie da divenire insostenibili, quale maggior rispetto c’è del togliere il disturbo e lasciare chi vuole lavorare al raggiungimento di traguardi a cui, restando, non si potrebbe far altro che opporsi? Perché questo è il tema: rispetto a quello che viene fatto, la mia non è più una posizione di minoranza, ma di netta opposizione. E se opposizione dev’essere, che essa sia fatta dal di fuori, per evitare l’insostenibilità di una contraddizione che è durata abbastanza; è più chiaro per tutti, è più serio per tutti.

Ed ecco perché, con il dispiacere di allontanarsi da un progetto in cui si era creduto e da persone con cui si è condiviso molto, con la contezza che alle richieste di riflessione e approfondimento sui temi e sulle proposte si è risposto con accelerazioni non necessarie, e con il rispetto che si deve a sé stessi non meno che agli altri, io mi fermo qua; non cessa il mio impegno politico, ma non può continuare all’interno di quel partito a cui, fino a ieri, ero iscritto.

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3 risposte a Un’altra presa d’atto. La mia

  1. alberto barbero scrive:

    Mi sembra la scelta più logica possibile, nell’attuale situazione. Quando, alle scorse primarie, tutte (ma proprio tutte) le persone di destra che conosco, che votavano Berlusconi, mi hanno detto che sarebbero andate alle primarie per sostenere Renzi, ho capito quale strada si stava imboccando. I conservatori, orfani del loro capo, hanno visto in Renzi l’uomo che avrebbe assicurato la continuità. Così come era avvenuto con Berlusconi all’uscita di scena di Craxi. Ciò che invece veramente stupisce è che tutto questo non l’abbiano visto subito i progressisti.

  2. Fabrizio scrive:

    Un’altra presa d’atto.Quella di milioni di elettori della Sinistra.
    Un’altra presa d’atto ben diversa da quella presa alle elezioni politiche europee.
    Un’altra presa d’atto nel partecipare per rinnovare.
    Partecipare nel “”dire si a nuove alternative” e nel “dire no al meno peggio di oggi”.
    Dire no al cambiare che non cambia nulla!

  3. Fabrizio scrive:

    Un’altra presa d’atto.Quella dei pensionati
    I pensionati conoscono e ricordano bene i “TriccheBallacche” e “Cammellate”di vent’anni fa!Cambia la forma e il metodo ma il contenuto e’ lo stesso!
    Triccheballacche perche’ i 500 euro di bonus ad agosto e’ marketing mediatico!
    Cammellate perche’ i pensionati sotto i 3000 euro lordi di pensione mensile sono molto , ma molto di piu’!
    Chi ci governa lo sa ,ma gli fa comodo ora dire un tot a tot! Perche’ e come mai!
    Perche’ vuole il caos fra pensionati e pensionati e tra generazioni e generazioni!
    Il tutto, studiato con mente occulta la notte, per poi dire come al solito ma si, ma no, io volevo ma non potevo,ma comunque ci sono io e risolvero’ , aiutero’ , etc……
    Il tutto medidato per avere , prendere tempo, tempo per fare altri annunci e annunci perche’ c’e fretta di cambiare,di dire,di fare , ……
    In democrazia le cose si pianificano,si progettano,si realizzano , secondo i principi sacrosanti di Solidarieta’ , Eguaglianza, Equita’.
    Per concludere non serve dare uno zuccherino mediatico, ma materialmente partire “per primis”da quei pensionati che percepiscono meno del cosiddetto reddito minimo di base o cittadinanza o garantito.
    Poi a seguire, subito dopo, ai pensionati che percepisconomeno meno di due volte del reddito garantito.
    I pensionati che percepiscono piu’ di duemila euro lordi di pensione dovrebbero rinunciare al rimborso!

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