E perché non 630 miliardi?

Nel suo discorso di insediamento, Jean-Claude Juncker aveva annunciato un piano straordinario di investimenti. Si parlava di 300 miliardi. Poi è arrivato il bilancio dell’Ue, e si è visto che i miliardi sono, si dice, 315. Bene? Insomma. Perché i miliardi, quelli veri, cioè realmente conteggiati e conteggiabili, sono appena 21, di cui 16 messi dall’Unione e 5 dalla Bei, la Banca europea per gli investimenti.

Come possono 21 miliardi diventare 315? Seminandoli come Pinocchio nel campo dei miracoli, che domande. La Bei userà i suoi cinque per emettere obbligazioni fino a 60 miliardi. Teniamo anche per buono il dato, vorrebbe dire che gli altri 16 dovrebbero essere capaci di attivare investimenti privati per ulteriori 249. Cioè, per essi si prevede una capacità di “leva” pari a circa 15 euro privati per ognuno messo a disposizione dal Fondo dell’Ue. Un miracolo, come quello avvenuto sulle rive del lago di Tiberiade.

Ora, nel Paese di Acchiappacitrulli, non sarebbe tanto condannato Juncker per averci provato, ma quelli che gli consentono di riuscirci. Siccome, però, siamo nel mondo reale, dove i potenti non pagano mai, né l’uno, né gli altri corrono alcun rischio. Alla fine, tutti faranno finta di credere che quei soldi ci siano per davvero, e parleranno delle magnifiche sorti e progressive di un piano di investimenti straordinario, che già sanno non arriveranno.

Alla fine, fra qualche tempo, si diranno stupiti del fatto che non abbia funzionato, incolperanno qualche oscuro e imperscrutabile indice congiunturale e la mancanza di fiducia dei cittadini e delle imprese, cocciuti come muli, o semplicemente ostinati a non cambiare verso nelle loro abitudini alle nuove parole (come i fatti, d’altronde).

Un po’ come accaduto con l’attesa salvifica e messianica del periodo di presidenza del Consiglio d’Europa da parte dell’Italia, quel semestre appena cominciato e già finito, in cui si dovevano aprire le acque della crisi per consentirci di raggiungere le sponde del progresso e della crescita, e che invece s’è chiuso con la stessa placida indifferenza del reale con cui era iniziato.

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