Scorie di berlusconismo

Trent’anni di egemonia sottoculturale televisiva e venti di dominio politico del berlusconismo, non potevano non lasciare tossine, residui e scorie, disseminate e permeanti nel tessuto sociale e, di conseguenza, nel discorso e nella pratica politica, fino a diventare parte stessa dell’essenza sempre più solamente fenomenica di quest’ultima.

Le uscite degli ultimi giorni di due perfetti campioni della nuova stagione politica, in tal senso sono emblematiche e forse anche esaurienti del nulla a cui questa riduce, del suo farsi fenomeno, e anche della sua sostanza ultima. L’intervista di Alessandra Moretti al Corriere della Sera, la settimana scorsa, e quella di Dario Nardella a la Repubblica, ieri, segnano meglio di molte analisi la cifra e la struttura dell’élite al governo. Tutta incentrata sull’importanza dell’estetista, che già l’estetica sarebbe troppo pesante per una visione improntata alla leggerezza della vittoria, la prima, totalmente ricalcata su un refrain berlusconiano, quello della sinistra invidiosa dei successi altrui, la seconda, due simili perle di renzismo chiariscono molte cose.

Fra queste, esse fanno luce sul senso più vero del fine connesso alla presa del potere di un gruppo dirigente tenuto insieme da un dato comune tanto oggettivo quanto superfluo, come appunto è quello generazionale: il potere stesso.

In sintesi, essi dicono: “ora tocca a noi, e basta”; ma proprio “basta”, nel senso che il loro ragionamento, grosso modo, si ferma a questo concetto. Un concetto semplice (sebbene forte, non lo nego), che essi affermano indipendentemente dalle azioni da realizzare una volta preso quel potere, che infatti molto spesso collidono, quando non sono direttamente e apertamente in opposizione, con quanto gli stessi dicevano fino al giorno prima. Perché il da farsi, in quell’ottica, è totalmente secondario rispetto al chi deve farlo, ed è su questo che si svolge l’intera lotta e la sfida. Tocca a loro, ritengono, a prescindere dalle politiche in campo, e chiunque lo metta in dubbio, lo fa solo perché è invidioso dei loro successi, della loro intelligenza, della loro bravura e anche della loro bellezza.

In tutto ciò, il concretismo è l’ideologia perfetta per il nuovo gruppo dominante: “si fanno le cose che si possono fare, nel solo modo in cui è dato, purché si sia noi a farle”.

E se questo vi sembra opportunismo, è solo perché siete vecchi arnesi ideologizzati, capaci ancora di pensare che non esistano donne e uomini buoni per tutte le stagioni, quella della lotta contro chi riduce i diritti dei lavoratori e quella della lotta a chi ne contesta la riduzione,  e che se era per fare e dire quello che già diceva e faceva Berlusconi, tanto valeva evitarsi la fatica di provare a mandarlo a casa e allearsi con lui cercando di scalzarlo per raggiunti limiti di età.

PS: ovviamente, qualcuno potrebbe dirmi che i due esponenti del Pd citati prima non sono affatto “i perfetti campioni della nuova stagione politica”. Beh, ma se non lo sono, lo si dica a chi li candida ovunque e per qualunque cosa, nel caso di lei, o li sceglie come propri eredi a Palazzo Vecchio, nel caso di lui. Purtroppo, si giudicano le cose meglio esposte, anche perché è logico ritenere che chi le espone le ritenga le migliori.

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