Meno male che un’opposizione non c’è

Perché se ci fosse qualcuno che si opponesse, ma davvero, allo schema che regge Governo e maggioranza, potrebbe ad esempio chiedere: “come mai, nonostante tutte le misure risolutive annunciate dall’inizio della stagione delle larghe intese, gli indici economici e produttivi continuano a calare, come certificano le statistiche?”.

Oppure: “perché continuate a spiegarci che servono riforme del mercato del lavoro e del sistema pensionistico nella medesima direzione di quelle fatte negli ultimi anni che non solo non ha risolto nessun problema, ma li hanno complicati, tanto che oggi gli stessi che le avevano votate le rinnegano?”.

O ancora: “ripetete che bisogna investire nella formazione e per il lavoro ma continuate a tagliare l’una e precarizzare l’altro e, mentre si vaneggia di piani per i giovani annunciati con giubilo per poi esser scoperti un flop e di stabilizzazioni per i precari che puntualmente non arrivano mai, tanto che nei fatti l’unico numero che batte il 40,8% eretto a simbolo dell’ineluttabilità del verbo renziano è quello della disoccupazione giovanile che continua a salire, puntando forse alla metà più uno per esser maggioranza, vantate la vostra bravura per ogni minimo sussulto positivo; ma allora, di questo stato di cose, chi è responsabile?”.

Già, meno male che un’opposizione non c’è. E meno male che non ci sono nemmeno giornalisti che pongano queste domande, senza fermarsi a trascrivere le veline di Palazzo Chigi, dove tutto va bene e se qualcosa non è proprio perfetta, è colpa dei gufi, degli sciacalli, dei rosiconi, e di altre perfide presenze da mitologici bestiari. E nelle quali si legge che si è garantisti con un presidente di regione condannato, ma non con un sindaco indagato, dove si rivendica l’aver acconsentito all’arresto preventivo di un deputato (è garantismo?), ma si sottace l’aver votato a favore del lasciarli lo stipendio (è garantito?), dove si afferma la necessità di una sorta di Daspo a vita per i condannati in politica, ma si dimentica di dire che si ritiene interlocutore serio un condannato che continua a far politica.

Però, le cose sono così, evidentemente, per colpa del bicameralismo perfetto, e quindi bisogna cambiarlo con urgenza. Ovviamente, quest’urgenza non produrrà effetti pratici prima della prossima legislatura, e quindi gli altri problemi, e quanti per quelli patiscono, dovranno aspettare un po’; ma che sarà mai? Cos’è un mese, un anno, o anche quattro in più, difronte alla madre di tutte le riforme?

Poi, se per farla bisogna affidarsi a colui di cui si chiedevano le dimissioni da vicepresidente del Senato, che era impresentabile dopo gli insulti razzisti all’unica ministra di colore che questa Nazione abbia mai avuto, non è sintomo di ipocrisia, giammai: è il segno concreto della serietà dei legislatori. E il fatto che l’asse portante su cui questa regge ed è tenuto da chi, solo qualche mese fa, è stato espulso da quella stessa aula che oggi si vuole riformare, curiosa nemesi, e privato dei diritti politici, è la prova dell’affidabilità dei riformatori, ovvio. Specialmente se questa riforma va nella direzione di togliere a tutti, de facto, quella possibilità di voto di cui, de jure, lo stesso coautore è stato privato; la giustizia è la giustizia, no?

Ma per fortuna, tutto quello non c’è, e quindi non c’è nessuno che metta in dubbio le magnifiche sorti e progressive del renzismo trionfante, e tutto il mondo politico e dell’opinione pubblica si divide, al massimo, fra renziani effettivi e renzisti di complemento.

C’è chi è renziano per convinzione e chi renzista per convenienza, qualcuno lo è per lealtà e qualcuno per fedeltà, qualcuno “per moda, qualcuno per principio, qualcuno per frustrazione”. E chi non lo è, almeno smetta di porre domande e infastidire il manovratore. D’altronde, cos’altro vuole: ha già gli 80 euro, vorrà mica pure poter pensare diversamente?

E poi, si sa, nessun cittadino è contro questa, e proprio questa, azione riformatrice del Governo, come afferma la ministra competente, ed è palese che se qualcuno lo fosse, sarebbe in virtù del suo essere fuori dalla comunità dei cittadini. Che in democrazia, immagino, è composta da quelli che fan parte della maggioranza e da chi, perse le elezioni, si adegua al canto, al volere e alle parole dei vincitori: tertium non datur, giusto?

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